Mi alzo, mi faccio il caffè, mi faccio
la barba, mi faccio la doccia, prendo la moto e vado al Poli, lavoro sul pc e
prendo un altro caffè, riprendo a lavorare con il pc, esco e riprendo la moto,
vado in palestra e sudo con l’ipod nelle orecchie, torno a casa e mi scaldo la
cena nel microonde, guardo un po’ di tv e me ne vado a letto… ah già aspetta
che imposto la sveglia! E’ impressionante considerare quanto la macchina
accompagni ogni momento della nostra giornata…
La macchina è un concetto in continua
evoluzione, non se ne può datare esattamente un inizio (la leva? La ruota? Il fuoco?)
e non se ne posso tracciare in modo univoco i confini. La comparsa della
macchina come strumento di produzione permea già tutto l’Ottocento. Fino alle
soglie del Novecento, la divisione sociale è tra chi ha le macchine, intese
come macchinari atti a produrre ricchezza, e chi non le ha. In questo solco si
inserisce Ford che dice: “ti faccio lavorare il doppio, ma la macchina la puoi
comprare”, così la macchina diventa anche status symbol del self made man. Da
oggetto del desiderio la macchina assurge a vera e propria necessità nel corso
degli anni. Nella macchina digitale, tipica della società contemporanea, c’è un
aspetto in più: stavolta non è solo un oggetto del desiderio, ma dice “io sono
come te”; non è solo più uno strumento ma una compagna della vita di tutti i
giorni. E questo condiziona anche le relazioni sociali. Nel Duemila la macchina
si destrumentalizza, in parte giochi con lei e in parte Lei gioca con te.
Nessun commento:
Posta un commento