martedì 8 marzo 2016

Mi alzo, mi faccio il caffè, mi faccio la barba, mi faccio la doccia, prendo la moto e vado al Poli, lavoro sul pc e prendo un altro caffè, riprendo a lavorare con il pc, esco e riprendo la moto, vado in palestra e sudo con l’ipod nelle orecchie, torno a casa e mi scaldo la cena nel microonde, guardo un po’ di tv e me ne vado a letto… ah già aspetta che imposto la sveglia! E’ impressionante considerare quanto la macchina accompagni ogni momento della nostra giornata…
La macchina è un concetto in continua evoluzione, non se ne può datare esattamente un inizio (la leva? La ruota? Il fuoco?) e non se ne posso tracciare in modo univoco i confini. La comparsa della macchina come strumento di produzione permea già tutto l’Ottocento. Fino alle soglie del Novecento, la divisione sociale è tra chi ha le macchine, intese come macchinari atti a produrre ricchezza, e chi non le ha. In questo solco si inserisce Ford che dice: “ti faccio lavorare il doppio, ma la macchina la puoi comprare”, così la macchina diventa anche status symbol del self made man. Da oggetto del desiderio la macchina assurge a vera e propria necessità nel corso degli anni. Nella macchina digitale, tipica della società contemporanea, c’è un aspetto in più: stavolta non è solo un oggetto del desiderio, ma dice “io sono come te”; non è solo più uno strumento ma una compagna della vita di tutti i giorni. E questo condiziona anche le relazioni sociali. Nel Duemila la macchina si destrumentalizza, in parte giochi con lei e in parte Lei gioca con te.





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